Caffaro di Brescia, un secolo di veleni


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  • Data di creazione 7 Aprile 2002
  • Ultimo aggiornamento 7 Maggio 2023

Caffaro di Brescia, un secolo di veleni

Per affrontare il “caso PCB”occorre fare un passo indietro nel tempo, alle origini di questi composti chimici. Siamo verso la fine degli anni Venti, ovviamente negli Stati Uniti, la nascente potenza mondiale che oggi domina la globalizzazione. E siamo alla Monsanto, la stessa protagonista principale dell’attuale offensiva per la diffusione degli OGM in agricoltura e quindi nell’alimentazione umana. Qui si brevettano i PCB, i policlorobifenili, e subito si mettono in produzione su larga scala. Non solo. In omaggio ad una globalizzazione ancora in formazione il brevetto viene concesso ad un’azienda per ognuno dei principali paesi industrializzati (Giappone, Germania, Inghilterra, Francia, Italia e Spagna). In Italia ad accaparrarselo, nel 1938, è la Caffaro di Brescia, un’industria chimica sorta nel 1906 per produrre la soda caustica con il processo elettrolitico a celle a catodo di mercurio, ormai convertitasi in fabbrica del cloro e dei suoi derivati, in particolare dei composti organici. Produrre i PCB significa profitti garantiti, al riparo dalla concorrenza, neutralizzata da questa sorta di cartello internazionale dei produttori guidato dalla potentissima Monsanto. E di PCB ne furono prodotte quantità enormi: negli Stati Uniti 670.000 tonnellate; quantità analoghe si possono stimare per l’Europa, se si tiene conto che la Caffaro da sola ne ha probabilmente prodotte 150.000 tonnellate; poi il Giappone; infine i paesi ex-comunisti di cui non si conoscono i dati; in conclusione il totale assomma sicuramente ad alcuni milioni di tonnellate di PCB prodotti nel mondo e dispersi in ambiente.

In questo contesto la Caffaro è però un’azienda chimica speciale.

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